di Giulia Romana Zacutti 

Qual è l’acquisto di moda più sostenibile che puoi fare? Nessuno. Non c’è niente che tu possa acquistare che sia 100% sostenibile. Lo scopo di questo articolo allora? Semplice: ci sono mille modi per limitare l’impatto ambientale della moda e dei nostri acquisti, da qualche parte dovremo pure iniziare.

Andiamo per ordine. La moda è il secondo settore più inquinante al mondo, dopo quello dell’allevamento di bestiame e non lo dico io ma il programma per l’ambiente Onu. È responsabile di più del 10% delle emissioni di carbonio che produciamo. Per non parlare di quanto sia inquinante trasportare tramite container, navi cargo e camion le merci nei paesi più sviluppati. Beh certo, che sorpresa eh? Molti brand producono i loro vestiti in Pakistan, Bangladesh, Cina ed altri perché la manodopera costa meno e non ci sono regolamenti seri a tutela dei lavoratori. Ce lo ricordiamo tutti il Rana Plaza? Palazzone in Bangladesh dove nel 2013 morirono 1143 lavoratori tessili. Un fotografo che documentò la tragedia dei corpi senza vita sepolti sotto le macerie dichiarò che vedere le etichette dei marchi tipicamente acquistabili in Occidente che uscivano dai mattoni distrutti fu irreale. C’erano etichette di Mango, Benetton, Walmart, Primemark… La scusante fu che i direttori dei brand non sapevano delle condizioni disumane dei lavoratori a causa di appalti e subappalti che si erano tenuti nel paese.

In più, questa cosiddetta fast fashion che tanto ha democratizzato la moda porta a una sovrapproduzione inutile di capi, qualche esempio? Shein propone ogni anno circa 314.877 idee di moda, la somma di quelli proposti da Zara ed H&M è di 9000– fonte Fanpage. E tutti i capi in più dove finiscono? Inceneriti, buttati, degradandosi rilasciano microplastiche che poi vanno nel mare e conseguentemente nelle nostre pance. Insomma, chi più spende meno spende (il capo dura di più perché il materiale è migliore) e contribuisce ad aiutare il pianeta.

Il WWF ha calcolato che servono tra 10.000 ed i 20.000 litri di acqua per produrre un kg di cotone, si pensi che per realizzare una maglietta di cotone si utilizzano circa 2700 litri d’acqua, per un paio di jeans ne servono 7500 e per fissare il colore, conciare la pelle, colorare i capi si utilizzano moltissime sostanze chimiche inquinanti.

Non smettete di comprare, la moda è allegria e colore, ma acquistate più responsabilmente, controllate se il brand che vi piace tutela la sostenibilità ambientale, sociale ed economica. E se si può noleggiate i capi che sapete vi serviranno solo per una serata o un evento, o scambiate attraverso Vinted o Vestiaire Collective. Insomma, non vi scoraggiate, vivete la moda con serenità ma siate consapevoli. Ci sono mille brand che stanno virando le loro produzioni verso un futuro più green: Stella Mccartney ha lanciato la borsa “Mylo” fatta di pelle di funghi, Patagonia ha regalato l’azienda ad un’organizzazione no profit, Gucci ha creato “Gucci Equilibrium”, una sezione dedicata esclusivamente all’ambiente, Pangaia produce vestiti da scarti di bucce di frutta… insomma esiste la produzione iniziata da materiali invenduti o di scarto, l’upcycle – creare un nuovo oggetto da uno che già esiste -, brand che adottano la filosofia anti microplastiche e pro sostante organiche e così via.

Siamo sulla buona strada, la moda è potente ed ha tanto potenziale per aiutare il pianeta pur mantenendo il suo fascino.

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