L’energia elettrica dovrà essere ricavata da fonti rinnovabili, il Paese dunque dovrà essere dotato di una rete di ricarica capillare, in grado di far fronte alle esigenze non di poche decine di migliaia (oggi sono poco meno di 120mila: lo 0,3% del totale) ma di milioni e milioni di auto elettriche

di Massimo Cellini

Energia e ambiente sono due facce di un’unica medaglia: il futuro. Futuro che sarà sostenibile soltanto se riusciremo a produrre e utilizzare energia pulita. Tema delicato e complesso ma, soprattutto, urgente come segnalato dagli allarmi degli scienziati e dalla cronaca quotidiana. Fondamentale, dunque, accelerare ma, ancora di più, imboccare la strada giusta.

Anche per questo – lo scorso settembre, in occasione del Gran Premio di Monza del Centenario – ACI ed Eni hanno siglato un protocollo d’intesa che li impegna a unire esperienze, conoscenze, intelligenze, risorse, per concorrere alla costruzione di un futuro più pulito e sicuro per tutti, in un comparto essenziale per qualità della vita, lavoro, crescita e sviluppo economico, come la mobilità.

Per centrare questo obiettivo –  che non possiamo permetterci il lusso di mancare – è fondamentale evitare pregiudizi e approcci ideologici, e adottare un modus operandi razionale, pragmatico, tecnologicamente neutrale ed equilibrato, fondato su dati scientifici e analisi statistiche serie. Tre punti devono subito essere chiari: per quanto urgente, la rivoluzione verde della mobilità non si potrà realizzare in un giorno; non potrà essere fatta senza tenere conto dei bisogni e delle possibilità dei cittadini; non potrà realizzarsi a spese di un comparto – l’automotive – fondamentale per l’economia del Paese.

Tutto questo, per una ragione sostanziale e ineludibile: il parco circolante italiano è il più vecchio d’Europa. L’età media delle auto supera i 12 anni, e 1 auto su 5 (il 20%) è euro 0-1-2, con almeno 18 anni di anzianità. Parliamo di 12 milioni di vetture fortemente inquinanti, oltre che pericolosamente insicure. È evidente che, se non rinnoviamo il parco auto, la mobilità sostenibile rimarrà un miraggio. Ma è altrettanto evidente che – soprattutto in tempi di crisi come quelli che stiamo vivendo, con un’inflazione intorno al 12%: la più alta degli ultimi tre decenni – non è possibile rinnovare il parco, se intere fasce di popolazione non possono permettersi un’auto nuova.

Gli incentivi sono fondamentali, è vero. Non sempre, però, sono sufficienti. Nel nostro Paese, infatti, nonostante gli importanti contributi alla rottamazione, sono state demolite più euro6 che euro0. Cosa significa questo? Che solo chi vive in condizioni di agiatezza è in grado di acquistare un’auto elettrica o di ultimissima generazione. I possessori delle auto più vecchie e inquinanti, invece – moltissimi dei quali si concentra nel nostro Mezzogiorno – non riescono a cambiarle, poiché il prezzo delle auto nuove, soprattutto se elettriche o elettrificate (Ibride e Plug-In), è fuori dalla loro portata. Morale: il ricambio finisce coll’interessare solo il segmento più alto del parco – che è anche il meno inquinante – e milioni e milioni di auto vecchie (un terzo dei veicoli circolanti inquina 28 volte più degli altri due terzi) continuano a circolare.

Allo stesso tempo, è chiaro che la rivoluzione verde non potrà compiersi, penalizzando un settore cardine della nostra economia come il comparto automotive. Un comparto che – tra produzione, componentistica, riparazioni, vendita, post-vendita e indotto – impiega 1,6 milioni di persone e rappresenta il 20% del PIL. Riconvertire logiche e processi produttivi è, ovviamente, indispensabile e non rinviabile. Per farlo, però, c’è bisogno di tempo. Non per mancanza di buona volontà ma perché nessuno, purtroppo, possiede una bacchetta magica in grado di trasportarci, in un istante, da un presente grigio a un futuro verde.

Il Presidente di Aci Angelo Sticchi Damiani

Tutto questo, senza considerare tre aspetti tutt’altro che irrilevanti: l’energia elettrica dovrà essere ricavata da fonti rinnovabili (in troppi dimenticano che oggi la otteniamo anche da carbone, gas e petrolio); le auto elettriche – specie per la loro produzione e smaltimento (sempre a causa delle batterie) – nel totale del ciclo di vita inquinano quasi quanto quelle tradizionali; il Paese dovrà essere dotato di una rete di ricarica capillare, in grado di far fronte alle esigenze non di poche decine di migliaia (oggi sono poco meno di 120mila: lo 0,3% del totale) ma di milioni e milioni di auto elettriche.

Solo se tutte le tessere di questo complesso e delicato mosaico andranno al loro posto, la rivoluzione elettrica si compirà, la mobilità diverrà davvero eco-sostenibile e la transizione ecologica smetterà di essere un bello slogan, per diventare, finalmente, una bellissima realtà.

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