Il libro, edito da Baldini e Castoldi, indaga sulle prospettive degli istituti di credito, lette attraverso le questioni regolatorie ed analizzante dal punto di vista istituzionale e giuridico, settori di provenienza dei due autori

di Massimo Cellini

Qual è il futuro delle banche? Se lo sono chiesto, ed hanno anche risposto, uno dei più grandi esperti italiani di comunicazione istituzionale, Stefano Lucchini, e un noto giurista, Andrea Zoppini. E’ così arrivato alle stampe un saggio in cui i due autori hanno spiegato in modo qualificato ed originale come e perché sono cambiati gli istituti di credito e le logiche che li governano. Un lavoro molto accurato, realizzato analizzando le complesse vicende di un settore che a cavallo del secolo ha subito profonde trasformazioni. Edito da Baldini e Castoldi, il libro indaga infatti sulle prospettive degli istituti di credito, guardate soprattutto attraverso la lente d’ingrandimento delle questioni regolatorie comunitarie. Il titolo del volume è infatti “Il futuro delle banche. Vigilanza e regolazione nell’Unione Bancaria europea”.

Attraverso un excursus tecnico storico, gli autori ricordano come un tempo la regolazione delle attività di credito avveniva direttamente tramite i banchieri che utilizzavano la propria autorevolezza e competenza per orientare il sistema. Un’attività di “moral suasion” che consentiva sia informalità nelle procedure che riservatezza nei rapporti pubblici e personali delle varie istituzioni bancarie.

Era il metodo della “parlata all’orecchio”, di britannica tradizione, attraverso la quale il controllore e il controllato discutono e condividono una strategia, in un rapporto riservato e di tipo fiduciario. Una consuetudine che in qualche modo si ispira alle ”Chatham House Rules”, le regole nate per gli studi di geopolitica di alto livello che puntavano alla riservatezza in modo da incoraggiare un dialogo aperto e la condivisione di informazioni, conseguendo un miglioramento delle relazioni. I due autori partono dalla tradizione per ricordare come oggi le cose siano molto cambiate rispetto a quelle prassi.

I fatti di cronaca delle vicende bancarie più drammatiche del ‘900 e di inizio secolo hanno infatti profondamente modificato le regole istituzionali di tradizione, ma anche i processi decisionali della Banca d’Italia, il cui stile è profondamente cambiato con l’arrivo in Via Nazionale di Mario Draghi. A questo proposito, Lucchini e Zoppini ricordano come la scelta di avere posto al centro della disciplina bancaria i requisiti di patrimonializzazione, applicati in maniera incrementata e rigorosa, ha significato inevitabilmente – dietro l’apparente parità di trattamento – favorire le banche con ordinamenti come quello tedesco, nel quale la patrimonializzazione era più agevole e meno costosa. Nell’attività di regolazione dei mercati, inoltre, non contano solo le decisioni formali, ma sono al pari di queste rilevanti le prassi, le scelte informali, la dinamica tra istituzioni.

Nel libro viene citato anche Sabino Cassese, uno dei più grandi costituzionalisti del nostro paese, il quale sottolinea come gli aspetti regolatori siano una parte fondamentale per comprendere i processi di istruzione e assunzione delle decisioni dei corpi burocratici anche in materia bancaria. Le banche italiane, tradizionalmente, non hanno quasi mai impugnato le decisioni della Banca d’Italia. I due autori sottolineano infatti come molto raramente la valutazione discrezionale tecnica delle varie autorità è stata messa in discussione, ma si chiedono, se sia possibile replicare questo modello di interazione, per molti aspetti virtuosa, anche con la Banca centrale europea.

E’ una domanda retorica: nei fatti questa prassi appare impraticabile. In primo luogo, spiegano gli autori, perchè il rapporto e le regole d’ingaggio sono profondamente mutate da quando le competenze di regolazione e controllo delle banche dell’area Euro sono state trasferite alla Banca Centrale Europea. In altre parole, si è realizzata nei fatti una forma di cooperazione del tutto innovativa e ancora da sistematizzare, che postula un’integrazione disuguale sia nel processo decisionale sia a livello operativo. Solo dopo un congruo periodo di rodaggio il sistema potrà dirsi a regime.

Del resto, uno degli aspetti positivi di questo saggio è, come accennavamo all’inizio, la sua capacità di intrecciare con equilibrio competenze diverse, derivanti dai differenti profili professionali degli autori. La questione del futuro delle banche europee (una di quelle cose che riguarda molto da vicino la vita dei cittadini comuni) è affrontata con lenti e letture diverse che consentono alla fine di avere una panoramica articolata dei problemi, ma anche delle indicazioni sulle possibili prospettive.

Sul tema della regolamentazione bancaria Lucchini e Zoppini, per altro, affrontano con acume la questione dei cambi di governo, spiegando come la tipica alternanza democratica abbia impatto anche sulla vita delle banche.  Ad esempio, parlando di governi sovranisti, gli autori spiegano che sarà più complesso individuare norme internazionali condivise, visto che ciascun governo avrà come priorità gli interessi immediati di una o più categorie di consumatori e/o produttori nazionali. Il nazionalismo sovranista tende infatti a coincidere con l’isolazionismo e tutto ciò non è privo di conseguenze.

In questa direzione – dicono gli autori – è stata catalogata la scelta del governo ungherese di non aderire ai meccanismi europei di vigilanza bancaria unificata. Allo stesso tempo, Lucchini e Zoppini hanno sottolineato come sia l’approccio liberale che quello sovranista vanno valutati e misurati con il principio dell’analisi politica effettuata in base ai costi e benefici prodotti da ogni iniziativa. Perché – spiegano – non è necessariamente vero che il governo in carica massimizza il benessere collettivo in un orizzonte di lungo periodo. Anzi nell’economia digitale di questo secolo il nazionalismo bancario, sia esso liberale o sovranista, viene impostato dai politici al potere il cui obiettivo principale è quasi sempre la massimizzazione del consenso. Cioè una logica di breve respiro e quindi quasi mai ispirata progetti a lungo termine.

Insomma, le banche e le politiche di credito che ne discendono sono due dei pilastri più grandi sui quali poggia l’economia di ogni nazione. Ed è proprio tale rilevanza che alla fine produce un forte condizionamento della vita democratica e dello sviluppo di ciascun paese.

Si spiega così la necessità di essere ben informati. E’ fondamentale costruire una classe dirigente ed un’opinione pubblica che sia in grado di comprendere le dinamiche dei mercati finanziari. Avere chiaro come questi funzionino consente di valutare i comportamenti delle banche e gli istituti di credito centrali e di conseguenza fare anche scelte politiche più avvedute. Il saggio di Lucchini e Zoppini va positivamente ed efficacemente in questa direzione. E’ una chiave importante di decodifica del sistema bancario. Un tema complesso ma ancora più decisivo in epoche di grande trasformazioni che è stato affrontato con l’efficacia della competenza e con la scrittura di chi ha il dono della divulgazione.


Stefano Lucchini è Chief Institutional Affairs and External Communication Officer di Intesa Sanpaolo. All’interno del Gruppo Intesa Sanpaolo, è anche Chairman di Banca IMI Securities Corporation a New York e Consigliere di Amministrazione  di Intesa Sanpaolo Highline e di Intesa Sanpaolo Innovation Center.

Andrea Zoppini è Avvocato e professore ordinario di Diritto Civile all’Università degli Studi di Roma Tre.

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