A Bruxelles la riunione dei ministri dell’energia vara il piano dei razionamenti. La politicha di casa nostra invece, come dimostra la campagna elettorale distantissima da questi temi, sembra essere bel lontana da comprendere che il futuro sta nelle rinnovabili che proprio ora è il momento d’accelerare per produrre quei cambiamenti attesi da anni

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di Guido Talarico

Il provincialismo della politica italiana anche nei momenti di massima attenzione pubblica, come sono tipicamente quelli preelettorali, non manca di farsi notare. In questo caso forse bisogna dire che al provincialismo occorre aggiungere una buona dose di ignoranza accompagnata da timore. Di cosa parliamo? Del gas naturalmente. La Russia dopo aver fatto finta di riprendere le forniture del suo prezioso combustibile fossile ha riabbassato le forniture del 20%. Un taglio che ha fatto schizzare il prezzo oltre 175 euro a MegaWatt e che promette aumenti di base giornaliera intorno al 10%. Abbiamo idea di cosa significhi tutto questo? La maggior parte degli italiani temo di no e probabilmente anche molti dei nostri politici. Eppure è semplice: significa che la scarsità di questa materia prima, tornata a diventare preziosa per l’incapacità storica dei governi centrali di accelerare realmente sulla produzione di energie rinnovabili, ha reso cogente l’attuazione del piano di razionamento chiesto da Bruxelles.

Proprio oggi a Bruxelles si è infatti tenuta la riunione dei ministri dell’Energia dell’Unione Europea. All’Italia, va sottolineato subito, poteva andare peggio. Il ministro della Transizione ecologica, Roberto Cingolani, che tra meno di due mesi tornerà come tutto il Governo a casa, e dico questo soltanto per ricordare che quando si tratta essere con un piede sull’uscio è certamente un impedimento, in questo frangente ha fatto bene il suo mestiere portando a casa un taglio “soltanto” del 7%. Il riempimento degli stock di gas del nostro paese, ha spiegato il ministro, “ha superato il 70%, stiamo andando verso il 71%, quindi direi che stiamo bene. Riteniamo che entro l’inizio dell’inverno saremo quasi indipendenti dalle forniture russe ed entro l’anno prossimo la situazione sarà piuttosto sicura, senza nessuna dipendenza russa. Questo significa che possiamo anche liberare un po’ di gas per coloro che sono meno interconnessi”.

L’accordo per ridurre in modo coordinato il consumi del gas arriva dopo che nelle ultime ore il piano presentato la scorsa settimana dalla Commissione europea e che prevedeva un taglio lineare del 15% aveva incontrato forti critiche da parte di vari paesi come Grecia, Spagna e Portogallo.  Ora toccherà al Consiglio europeo, e non più alla Commissione, decidere su eventuali obiettivi vincolanti qualora l’adesione volontaria non fosse sufficiente. In questo caso l’obiettivo di riduzione del 15% verrà riparametrato in base alla situazione particolare di ciascun paese con il meccanismo delle deroghe ponderate stabilite in base al livello di stoccaggio raggiunto e della possibilità di esportare il gas risparmiato in altri paesi.

Il plauso all’accordo, non senza ragione, è arrivato anche dalla Presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen: “oggi – ha detto la leader tedesca –  l’Unione Europea ha compiuto un passo decisivo per fronteggiare la minaccia di una completa interruzione del gas da parte di Putin. Accolgo con favore l’approvazione da parte del Consiglio europeo del regolamento sulle misure coordinate di riduzione della domanda di gas. L’accordo politico raggiunto dal Consiglio a tempo di record, sulla base della proposta della Commissione Risparmiare il gas per un inverno sicuro presentata la scorsa settimana – ha aggiunto la Presidente –  garantirà una riduzione ordinata e coordinata del consumo di gas in tutta l’UE per prepararsi al prossimo inverno. Integra tutte le altre azioni intraprese fino ad oggi nel contesto di REPowerEU, in particolare per diversificare le fonti di approvvigionamento di gas, accelerare lo sviluppo delle energie rinnovabili e aumentare l’efficienza energetica”.

Insomma, quello di oggi è certamente un passo avanti rispetto ad un problema emergenziale. Rimane però il problema di fondo. Il più importante. La nostra politica, e alla fine neanche il Governo uscente, non dice con la dovuta forza che il futuro è nelle rinnovabili. Solo queste fonti pulite possono infatti liberarci dalla schiavitù che impongono i produttori di carburanti fossili, petrolio o gas che sia. Ed è proprio questo fondamentale obiettivo che la politica italiana sottace. Per paura, per ignoranza, per ignavia. Forse per tutte e tre le cose messe insieme.

Sta di fatto che in un paese come il nostro, che dispone del leader mondiale nella produzione di energie rinnovabili, che è Enel, neanche in un momento del genere riesce a fare quadrato e ad accelerare per dare a queste fonti di energia sostenibile lo spazio che meritano. E’ un vulnus culturale grave. Parlo di cultura economica e, naturalmente, di cultura della sostenibilità.

Siamo in piena crisi energetica, quindi è giusto rimediare agli ammanchi andando in giro per il mondo a rimediare (a prezzi altissimi) quel che ci serve per svoltare l’anno. Forse dovevamo pensarci prima, a ridosso della crisi libica. Non lo abbiamo fatto. Pazienza. Ora però serve un pensiero strategico vincente e serve attuarlo subito. Il futuro sono le rinnovabili. Questo dovremmo sentirci ripetere ad ogni talk-show. Se non si prendono provvedimenti seri oggi per sbloccare iter e cantieri quando mai lo faremo? La politica, quella seria, dovrebbe misurarsi innanzitutto su questi temi. Sulle emergenze e sulle prospettive reali del Paese. Invece questo antipasto di campagna elettorale suggerisce che dovremo vedere leader in canottiera girare per gli stabilimenti balneari parlando delle solite amenità tanto care ai populisti: le pensioni aumentate a tutti, i barconi, il reddito di cittadinanza, lo ius soli. “Una risata vi seppellirà” diceva l’anarchico russo Michail Aleksandrovic Bakunin. Non so se Vladimir Putin sia un suo fan. Lo dubito. Ma qualche risata alle spalle delle colte democrazie europee di certo se le farà.

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