In vista del prossimo vertice dei ministri dell’Economia europei la domanda sulle intenzioni dell’Italia, ultimo Paese a non aver ratificato le modifiche al Mes, saranno poste chiaramente a Giorgetti. Dall’Europa fanno sapere che il ritardo nella ratifica sta rallentando anche la discussione su tutti gli altri dossier
di Mario Tosetti
L’Italia è l’ultimo Paese aderente al Meccanismo europeo di stabilità a non aver ratificato la modifica al trattato. Il testo, sottoscritto anche dall’Italia nel gennaio 2021, al momento aspetta solo l’approvazione finale per entrare in vigore in tutta Europa. Inizialmente il governo Meloni si è trincerato aspettando la decisione della Corte Costituzionale Federale tedesca poi ha rilanciato con la necessità di “un ampio dibattito in Parlamento” prima di procedere all’approvazione. Per il governo italiano le modifiche sono insufficienti e per la presidente del consiglio Giorgia Meloni va “aggiornato” e trasformato in un “veicolo per la crescita”.
Ad ogni modo in vista dell’ormai imminente riunione dei ministri europei delle Finanze a Stoccolma un alto funzionario Ue ha avvertito che il rallentamento alla ratifica da parte dell’Italia rischia di essere un boomerang: finché il Parlamento italiano non avrà confermato il testo non sarà infatti possibile parlare di altre riforme, a partire da quelle richieste dallo stesso governo di Giorgia Meloni. La mancata ratifica sta dunque “sostanzialmente facendo attendere ogni tipo di discussione in parallelo. È impossibile discutere altre misure per rafforzare il nostro quadro se non abbiamo ancora completato il precedenti accordi”, ha spiegato una fonte Ue.
La domanda sulle intenzioni dell’Italia sul Mes sarà posta chiaramente al ministro Giorgetti, ha assicurato la stessa fonte che ha aggiunto: “non ci sarà alcuno scontro ma è ora più che mai è necessaria la potenza di fuoco delle nostre istituzioni ed è bene ricordare che il cuore della riforma del Mes è mettere a disposizione un backstop”, o rete di salvataggio, “al Fondo di risoluzione unico che di fatto ne raddoppierebbe la sua capacità” se solo l’Italia approvasse la riforma.
Il backstop di cui si parla è un meccanismo di salvataggio delle banche, realizzato con risorse degli stessi istituti bancari, che dovrebbe funzionare nell’ipotesi in cui il Fondo di risoluzione unico non sia sufficiente. Il tema è tornato quanto mai attuale dopo il crollo della Silicon Valley Bank, accompagnato da altre due banche americane, e dalle difficoltà riscontrate da Credit Suisse. Nonostante le rassicurazioni di tutti gli organismi competenti, dalle banche centrali ai ministeri delle Finanze, nessuno sembra pronto a mettere la mano sul fuoco sulla tenuta di tutte le banche europee. Di qui la necessità della riforma del Mes.
Nel testo riformato se una banca rischia il fallimento e le risorse private del settore non riescono a scongiurare questa ipotesi potrebbe intervenire il backstop del Mes che consentirebbe di arginare eventuali speculazioni e contenere i danni all’economia del Paese. Per molti si tratta di un punto a favore del settore bancario italiano, tra i più appesantiti dai cosiddetti Npl, ossia i crediti deteriorati. D’altro canto, chi sottoscrive un prestito dovrà fornire a priori delle garanzie vincolanti su riforme e tagli per ripagare il fondo.
(Associated Medias)- Tutti i diritti sono riservati